Il 17 maggio alle ore 20.45 a Paderno Dugnano, nella Chiesa di Santa Maria Na- scente, verrà presentato il progetto Occorre anche la tua città, nato per valorizzare i dipinti della Pinacoteca di Brera che si trovano anche nelle Chiese della Diocesi di Milano con l’utilizzo di didascalie esplicative.
Con la collaborazione dell’Ufficio beni culturali della Diocesi e la Parrocchia di Santa Maria Nascente a Paderno Dugnano, la serata si colloca nelle Giornate di Valorizzazione del Patrimonio Culturale Ecclesiastico 2023; verrà raccontata la storia di questi depositi e delle quattro tele di proprietà della Pinacoteca di Brera presenti a Paderno Dugnano.

Con le requisizioni napoleoniche sono arrivate alla Pinacoteca di Brera numerose opere che per quantità e dimensioni erano difficili da collocare nelle sale del museo. La richiesta dell’epoca da parte dei parroci delle chiese povere di poter arredare i propri spazi ha dato il via a una serie di concessioni di dipinti in deposito.

Intorno a queste opere sono stati costruiti altari, cornici e ogni forma di decorazione, rendendo così i dipinti arredo permanente della chiesa ospitante e oggetto devozionale per i fedeli. Sono passati circa 200 anni e la storia di queste opere è spesso sconosciuta.
La cura del rapporto con il territorio è sempre stata per il museo una delle funzioni essenziali, senza la quale il museo stesso difficilmente potrebbe sopravvivere. Da qualche anno la Pinacoteca è divenuta Istituto autonomo e ora più che mai si sen- te la necessità di mantenere e anzi rafforzare questo legame; da qui la necessità di valorizzare i dipinti di proprietà del museo, conservati nelle chiese della Diocesi di Milano facendo conoscere alla cittadinanza la loro storia.
Nasce così il progetto Occorre anche la tua città, che deriva da Occorre tutta una città, nome che si è voluto dare ai progetti della Pinacoteca che coinvolgono pubblici speciali o provenienti da zone periferiche di Milano. (https://pinacotecabrera.org/ occorre-tutta-una-citta/)
L’idea è nata nel 2022 nell’ambito del progetto Brera a Greco e Greco a Brera, nella Chiesa di S. Martino a Greco (MI), con la sperimentazione di due didascalie, collocate in prossimità dei dipinti di proprietà della Pinacoteca. Da questa esperienza è nata la necessità di rendere l’iniziativa più strutturata.

Si parte dunque con un progetto pilota, questo 17 maggio, dalla Chiesa di Santa Ma- ria Nascente a Paderno Dugnano grazie alla condivisione di intenti e alla collaborazione con l’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Milano e grazie alla disponibilità delle parrocchie.
Il progetto prevede la realizzazione di didascalie, identiche a quelle presenti in Pinacoteca, da posizionare, come d’uso, in prossimità delle opere; i testi serviranno per raccontare ai visitatori il dipinto che hanno di fronte e per stuzzicare la loro curiosità. In questo modo la Pinacoteca ha la possibilità di uscire dalle sale per farsi più vicina ai cittadini e attuare in modo più compiuto la sua missione di museo pubblico. La valorizzazione dei dipinti non passa solo attraverso l’apposizione di didascalie storico-artistiche a cura degli storici dell’arte della Pinacoteca, ma si propone di riconoscere l’importanza di queste opere su più livelli: culturale, religioso, umano e sociale. Per questo, su ogni didascalia, nei prossimi mesi verrà apposto un QR Code che permetterà l’accesso a una pagina dedicata al dipinto, dove la Pinacoteca, l’Ufficio Beni Culturali e la parrocchia potranno aggiungere, ciascuno secondo la propria competenza, i contenuti utili alla fruizione completa dell’opera.
In questo modo si vuole restituire al dipinto la propria funzione artistica, didattica e devozionale attraverso una pluralità di voci, in linea con la visione inclusiva proposta dalle diverse tipologie di didascalie della Pinacoteca.

Non tutte le opere di proprietà di un museo sono esposte all’interno delle sale; si parla spesso, infatti, dell’impossibilità di presentare al pubblico l’intero patrimonio culturale, principalmente per problemi di spazio. Esistono però altri motivi per cui i dipinti non si trovano all’interno del museo, come nel caso dei depositi esterni. Le opere in deposito sono da tempo – almeno una trentina d’anni – oggetto di valorizzazione nella cultura museale internazionale. Da cosa è motivato tanto interesse? La ragione risiede nel fatto che le opere in deposito sono imprescindibili per ricostruire e definire l’identità del museo, la sua origine e memoria e i cambiamenti di gusto della società che nel tempo lo ha sostenuto. Quella di Brera è una collezione di Stato dal carattere multiforme, che comprende oltre 1.700 dipinti; tali depositi hanno un’ampia dislocazione spaziale – dalla prossima chiesa di San Marco all’Ambasciata d’Italia a Buenos Aires, a numerosi istituti pubblici e privati in Milano città, alle chiese della Lombardia, a musei locali delle province lombarde, alle Marche e all’Emilia (ex territori dello Stato Pontificio), al Piemonte, alle principali sedi politiche e istituzionali di Roma, ma anche alle sedi consolari e Ambasciate – e sono stati concessi in diverse occasioni storiche. I primi depositi della Pinacoteca nacquero con grande precocia e avvedutezza: una prima fase – che riguarda cessioni temporanee delle opere alle chiese più bisognose di patrimonio artistico – riguarda i funzionari napoleonici negli anni ‘20 dell’Ottocento. Una seconda risale agli anni ‘40 dello stesso secolo, una terza agli anni ’30 del Novecento. Successive fasi furono richieste pervenute a Brera negli anni ‘40 e nel dopoguerra. Cessate le soppressioni giuseppine e napoleoniche, Brera accresce il suo patrimonio con permute, lasciti, donazioni, acquisti. La mancanza di spazio – per il professor Bertelli “il vero tiranno” di Brera – è il più grande problema della Pinacoteca. L’idea originaria di cedere in deposito alcuni dipinti della neonata Pinacoteca (1809), a latere della Regia Accademia di Brera, fu di Andrea Appiani e Giuseppe Zanoia, autori della prima inventariazione dei beni del museo. Molti dei beni, su istanza dei parroci, furono ceduti alle chiese dall’Appiani definite come “povere” (che sono luoghi aperti al pubblico, dove le opere tornavano a svolgere la loro funzione originaria, un fatto assai moderno, perché si trattava dall’origine di “depositi aperti”: visible storage, come diranno in anni recenti gli americani). Era molto difficile per i funzionari dell’Ottocento, quando ancora non esistevano le leggi di tutela, garantire il controllo di queste diverse centinaia di opere, certamente una quantità di gran lunga eccedente quelle conservate nelle sale della Pinacoteca. Ciononostante il Bertini, il Carotti, il Modigliani, la Wittgens e poi Dell’Acqua compresero bene che nei depositi, non meno che nelle opere di prima scelta, consiste l’identità del museo e che senza deposito il rapporto con la Pinacoteca sarebbe stato parziale e distorto e che i depositi sono una realtà vivente e aperta al futuro (i francesi non per nulla li chiamano réserves).

I “depositi aperti”, come quelli ecclesiastici, inseriti in una realtà che ha una vita propria e del tutto confacente alla natura delle opere esposte – che costituiscono la vera tipicità della Pinacoteca di Brera – sono luogo di incontro fra persone e luoghi di esperienza di una comunità in cui si riattualizzano la dimensione del sacro e l’attualità del passato. La valorizzazione voluta e cercata dal direttore Bradburne, volta alla ricerca di un’unità nella missione museale, radicata nella concretezza delle radici storiche, ha luogo nel più ampio disegno di rendere accessibili ai più le collezioni. Lo strumento adottato è quello delle didascalie che sono un mezzo volto alla ricerca di un rapporto diretto col fedele e col riguardante che potrà condividere significati scritturali, catechetici, teologici, storici.