La scienza può essere divertente e irriverente, interessante e coinvolgente per la Generazione ‘z’, pronta a recepire il messaggio che ogni piccolo gesto può contribuire a salvare l’unico pianeta che abbiamo. Dal Nord America arriva un messaggio di speranza per il futuro: le ferite impresse dal progresso si rimarginano, i rapporti tra popolazioni native e ambiente si ricompongono, la mano dell’uomo può riparare ai danni causati. La sesta serata di Sondrio Festival, la XXXVI Mostra Internazionale dei Documentari sui Parchi, è stata tutta dei ragazzi, che hanno affollato il Teatro Sociale, ai quali erano rivolti il cortometraggio di apertura e l’incursione di Barbascura, scienziato e artista, youtuber da più di 800 mila followers.
La serata si è aperta con la proiezione del cortometraggio “In viaggio con Azzurra”, una produzione Giffoni Innovation Hub per A2A, dedicato ai ragazzi e alla salvaguardia del pianeta. Azzurra non si vede ma si sente: è lei a raccontare, tra parole e immagini, il viaggio sostenibile, suo e di altri tre ragazzi, per raggiungere a piedi la sede di un concerto, dormendo nelle tende e raccogliendo spazzatura, per dimostrare che ogni singolo gesto può contribuire a salvare l’unico pianeta che abbiamo. È il modo scelto da A2A, al fianco di Sondrio Festival da 35 anni, per parlare ai giovani, interlocutori privilegiati, perché sostenibilità significa impegnarsi oggi per ottenere risultati domani. A presentare il cortometraggio sono intervenuti Roberto Corona e Michela Lampone di A2A con Luigi Sales di Giffoni Innovation Hub.
Catapultata sul palco di Sondrio Festival, la scienza brutta ha conquistato i ragazzi che hanno accolto con un’ovazione il saluto di Barbascura: «Ciao ciurma!», ha detto, subito dopo la presentazione di Gigliola Amonini. Spiazzante e ironico come solo lui sa essere, ha suscitato ilarità e scatenato applausi, spaziando dal suo essere artista al suo percorso di studi culminato con il dottorato in Chimica. Detesta le etichette e ha una passione per un animale del micromondo, il tardigrado, un predatore spietato, quasi un supereroe, sopravvissuto a un viaggio nello spazio, a differenza del panda che, sono parole sue, vuole morire e dovremmo lasciare che si estingua in santa pace. Dalle esperienze emotivamente più forti, la reazione chimica completata con successo dopo svariati tentativi, la furia degli elefanti scatenata dallo schiaffo di un babbuino, alla consapevolezza che una singola azione non basta per salvare il pianeta. Lui contribuisce cercando di non usare troppa acqua, rinunciando completamente all’aria condizionata in estate e limitando il più possibile il riscaldamento in inverno, mangiando poca carne e mai manzo, viaggiando in treno su e giù per l’Italia. Ai saluti si è detto felicissimo dell’invito a Sondrio Festival: il suo auspicio è che i tanti ragazzi presenti tra il pubblico apprezzino i documentari proposti.
Il territorio nordamericano, dall’Alaska al Canada, al Montana e al Colorado fino al New Mexico, è stato il grande protagonista delle proiezioni di ieri sera, la decima e l’undicesima da sabato scorso, prima delle ultime due previste oggi. Con il primo documentario, “Guarire attraversando le acque: il ritorno degli Huna Tlingits a Glacier Bay”, introdotto dalla regista Sarah Gulick, ranger del National Park Service, l’attenzione si è concentrata sui nativi dell’Alaska, insediati e poi scacciati da Glacier Bay, divenuta prima Monumento nazionale e poi Parco. La loro è una storia che proviene dall’acqua e che si snoda fra terra e acqua: dal rapporto difficile con il National Park Service, con la tensione salita fino a diventare una bomba a orologeria negli anni Ottanta all’avvio del processo di riconciliazione culminato, nel 1995, con la stipula di un accordo. I discendenti dei Tlingits hanno potuto tornare a raccogliere le uova di gabbiano e per ricordare l’antica presenza a Glacier Bay è stata costruita una casa del clan dedicata agli antenati. Oggi un enorme totem racconta la storia comune di Tlingits e National Park Service: dalla base alla punta porta impressa una testimonianza del sangue, del sudore e delle lacrime che hanno caratterizzato un rapporto che ora si fonda su rispetto e concordia. Un processo di rimarginazione delle ferite ancora in atto che apre opportunità incredibili per le nuove generazioni.
“Nati sulle Montagne Rocciose – Episodio 2: verso l’età adulta”, di Joe Pontecorvo, segue i primi passi delle specie animali che nascono sulla catena montuosa che attraversa il continente nordamericano: in primo piano sono cuccioli di 399, uno dei grizzly selvatici più anziani del mondo. Gli ambienti si sovrappongono fra cime che superano i quattromila metri, un oceano di sabbia modellato dalle forze del vento e dell’acqua, pianori che si perdono a vista d’occhio, fino alle città, dove i wapiti si spingono alla ricerca di cibo incuranti del traffico. L’inverno si avvicina e le gru canadesi iniziano il loro viaggio a tappe per raggiungere il New Mexico: sotto di loro si apre un universo di flora e fauna mentre sono in arrivo le prime tempeste di neve e inizia la lotta per la sopravvivenza. Dopo un lungo peregrinare tra ambienti, sulle tracce di diverse specie animali, la telecamera si imbatte nuovamente in 399: ad attendere l’orsa nel Parco nazionale del Grand Teton, in Wyoming, c’è una gran folla. Negli anni i tentativi di recupero della specie hanno raddoppiato i numeri: quando l’uomo fornisce protezione alla fauna selvatica rinnova la speranza di poter riparare i danni causati per garantire una casa a tutte le famiglie delle Montagne Rocciose.
Con la settima serata, che avrà inizio alle ore 20.30, si concludono le proiezioni: gli ultimi due documentari in concorso, il dodicesimo e il tredicesimo, completano la selezione sottoposta alla valutazione della Giuria internazionale, presieduta da Marco Ribetti, coordinatore IAMF, International Alliance for Mountain Film, curatore della cineteca storica e responsabile del settore tecnico del Museo Nazionale della Montagna di Torino, e composta da Alexandra Sailer, regista tedesca del film vincitore di Sondrio Festival 2021 “Le terre dell’estremo nord – Notte polare”, da Dan Burlac, produttore cinematografico e direttore dell’Alpin Film Festival di Brașov, in Romania, da Loredana Dresti, rappresentante del Parco Nazionale dello Stelvio, e da Maurizio Gianola, uno dei fondatori di Sondrio Festival, oggi membro del Comitato scientifico. Saranno proiettati “Ubara iraniana”, di Fathollah Amiri e Nima Asgari, sulla caccia a uno degli uccelli più ambiti nel Golfo persico, e “Superbirds: il segreto delle cince”, di Yann Sochaczewski, incentrato sulle cinciallegre, rincorse dalla telecamera dall’Europa agli Stati Uniti fino al Sudafrica. Gli sconvolgimenti climatici saranno al centro delle “Conversazioni” che vedranno quali ospiti la climatologa e divulgatrice scientifica Serena Giacomin e il glaciologo Claudio Smiraglia, componente del Comitato scientifico di Sondrio Festival. Sondrio Festival è promosso da Assomidop, che riunisce il Comune di Sondrio, il Bim, il Cai, il Parco Nazionale dello Stelvio e il Parco delle Orobie Valtellinesi, presieduta dall’assessore alla Cultura, Educazione e Istruzione del Comune di Sondrio Marcella Fratta, e diretto da Simona Nava. La manifestazione è sostenuta dalla Regione Lombardia, dalla Provincia di Sondrio, dalla Comunità Montana Valtellina di Sondrio e dalla Fondazione Pro Valtellina Onlus. Gli sponsor sono Iperal, Banca Popolare di Sondrio, A2A e Acinque.